mercoledì 9 dicembre 2009

Un pensiero sul giornalismo


Un po' di relax!
Qualche giorno lontano dalle fonti di informazione ufficiale, cosi' per  evitare di restare sommerso da quel liquame dal colore bruno olezzo che le fonti di (dis)informazione di cui sopra hanno riversato sulla carta e nell'etere in questi giorni -tranquilli, continueranno ad libitum a lungo.

Un assaggio di vassallaggio? Scaricate qui la puntata del 4 dicembre della trasmissione radiofonica condotta dalla signora moglie del EX-man Italiano D.O.C.G.: ex-sindaco-dell'Urbe, ex-cattolicopraticante, ex-Pannelliano, ex-VerdeIridato, ex-Margherito, ex-Ulivista, ... attualmente in attesa di esser Ex di qualcosa d'altro.

Cosi', nella quiete di qualche giorno di (im)meritato riposo, mi son tornate alla mente le parole sulla vocazione missionaria nel ruolo del giornalista, casualmente scovate tempo addietro. Fonte, un grande Giornalista: Tiziano Terzani. Grande sopratutto ad offrire punti di vista differenti.

E cosi' provo ad offrire 1 pensiero positivo e far intendere quello che dovrebbe esser l'azione pulsante del mestiere di giornalista. Anche oggi, anche in Italia.

"Ho fatto questo mio mestiere proprio come una missione religiosa, se vuoi, non cedendo a trappole facili. La più facile, te ne volevo parlare da tempo, è il Potere. Perché il potere corrompe, il potere ti fagocita, il potere ti tira dentro di sé! Capisci? Se ti metti accanto a un candidato alla presidenza in una campagna elettorale, se vai a cena con lui e parli con lui diventi un suo scagnozzo, no? Un suo operatore. Non mi è mai piaciuto. Il mio istinto è sempre stato di starne lontano. Proprio starne lontano, mentre oggi vedo tanti giovani che godono, che fioriscono all'idea di essere vicini al Potere, di dare del "tu" al Potere, di andarci a letto col Potere, di andarci a cena col Potere, per trarne lustro, gloria, informazioni magari. Io questo non lo ho mai fatto. Lo puoi chiamare anche una forma di moralità. Ho sempre avuto questo senso di orgoglio che io al potere gli stavo di faccia, lo guardavo, e lo mandavo a fanculo. Aprivo la porta, ci mettevo il piede, entravo dentro, ma quando ero nella sua stanza, invece di compiacerlo controllavo che cosa non andava, facevo le domande. Questo è il giornalismo".

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