mercoledì 27 gennaio 2010

Fare memoria

Fare memoria, riportare in luce episodi del passato, per condividere un’esperienza o piu’ semplicemente il suo significato. Forse per tenerli vivi e combatterne l’oblio.

Fare memoria in questa giornata ha un peso greve, un significato sinistro, un tono lugubre.

Fare memoria, oggi, sapete tutti significa rammentare uno dei piu’ grandi crimini contro l’Umanita’: l’Olocausto. La Soluzione Finale!

E’ il giorno in cui si dovrebbe ricordare la ferocia collettiva di una generazione permeata dalla follia e dallo spirito della vendetta che si abbatte’ contro popoli indifesi o piu’ deboli: ebrei, zingari, persone disabili … e su tutti, i bambini, di ogni nazionalita’!

Tutti sappiamo quale fu il principale “strumento” impiegato x lo sterminio di massa: il campo di concentramento con le camere a gas.

Ma lo strumento della deportazione in campi di internamento o in luoghi di tortura non fu’ una ‘primizia’ nazista.

Il primo documentato della Storia fu quello Britannico, di inizio 1900, risalente alla II guerra Boera combattuta nei territori dell’odierno Sud Africa.
"…l'esercito britannico distruggeva tutte le fattorie che rifornivano i soldati boeri e quindi ne fece deportare gli abitanti, in genere donne e bambini. Intere famiglie vennero rinchiuse in campi di concentramento, dove si moriva lentamente per epidemie e per fame. … Alla fine della guerra si conteranno non meno di 26.000 donne e bambini boeri morti nei campi di concentramento britannici, a cui vanno aggiunte le vittime della popolazione nera che viveva nelle fattorie boere, che seguirono la sorte dei loro padroni nei campi di concentramento."
E non e’ che un pallido inizio.

Restando in Europa, tra i piu’ duraturi negli anni vi sono i tristemente noti Gulag Sovietici
"I detenuti erano spesso costretti a lavorare in condizioni disumane e al rispetto di quantitativi di produzione eccessivi. A dispetto del clima brutale, non erano mai adeguatamente vestiti, nutriti, trattati medicalmente in modo adeguato, né veniva loro fornito alcun mezzo per combattere l'avitaminosi che conduceva a malattie come lo scorbuto o sindromi quali la cecità notturna. La razione minima giornaliera era composta principalmente da pane di bassa qualità (distribuito in base al peso e chiamato paika.”
E come intuite l’elenco continua.

I miei lettori conoscono le immagini dei recinti spinati nelle ex repubbliche confederate Iugoslave degli anni ‘90, dove alternativamente i Serbi o i Croati compivano atrocita’ contro i Bosniaci o gli altri ex ‘compatrioti’ –i ricorsi storici su tali regioni son tragicamente brutali: dagli eccidi da parte degli Ustascia’ Croati, fino alle Foibe dei criminali di Tito, la ‘sete’ di vendetta fu tremenda.

Restando in ‘regime comunista’ forse i meno noti allo scrivente erano quelli in tinte Cinesi di Mao, i Laogai
"A Mao viene attribuito l'uso sistematico della repressione e dei lavori forzati (Laogai), lo sterminio di milioni di contadini nella riforma agraria del 1951 e la violenza della Rivoluzione Culturale."
Un campo di sterminio made in Cina che gia’ allora non brillava certo per innovazione. Infatti si basava:

“sul lavoro forzato a ritmi disumani (fino a 18 ore al giorno), con l'obbligo di rispettare determinate quote produttive; l’uso della denutrizione e della tortura come sistemi punitivi e coercitivi; l’appello alla delazione fra prigionieri; sedute periodiche di "critica" e "autocritica", in cui i detenuti si accusano a vicenda, o si auto-accusano, di comportamenti criminali, a scopo rieducativo. L'insieme di questi elementi configura anche un contesto generale di violenza fisica e psicologica coordinate che corrispondono al concetto di lavaggio del cervello."
Attraversando l’Atlantico la striscia di sangue in luoghi di tortura si incrementa ulteriormente ed arriva persino ai giorni nostri: Guantanamo, enclave Statunitense sull’isola di Cuba, e’ in via di chiusura in questi giorni.

Ma i piu’ cruenti e spietati calvari della tortura li troviamo descritti negli archivi del terrore’ delle dittature dei paesi latinoamericani –CIA docet!
“Si deve al giudice paraguaiano José Augustín Fernández la scoperta di archivi dettagliati che descrivevano la sorte di migliaia di sudamericani segretamente rapiti, torturati ed assassinati tra gli anni settanta e ottanta dalle forze armate e dai servizi segreti di Cile, Argentina, Uruguay, Paraguay, Bolivia e Brasile. Gli archivi contavano 50.000 persone assassinate, 30.000 scomparse (desaparecidos),e 400.000 incarcerate.”
I luoghi erano i piu’ disparati: all’aperto e sfrontatamente alla luce del sole negli stadi Cileni, oppure in silenzio, di notte, al buio negli scantinati di centri di formazione militare, quali la Scuola di Meccanica della marina Argentina, l’ESMA; o nelle segrete dell’unità di intelligence Uruguagia del Fusna, i “Fusileros Navales”.

Ma tutti con il comune denominatore: essere un’enorme operazione repressiva e di vero e proprio sterminio.

La metodologia dello sterminio in tango Argentino
[dalla confessione dell’ex capitano della marina militare Adolfo Scilingo che ha svolto servizio all’ESMA]
I gruppi operativi, conosciuti come 'patotas', erano i commandos addetti al sequestro: le patotas erano costituite da membri dei vari corpi dell’esercito, che solitamente prendevano il comando delle operazioni, e da componenti scelti tra le forze dell’ordine. All’inizio la patota arrivava a tarda notte a bordo di un mezzo rubato, solitamente un Ford Falcon verde. Con il passare del tempo e quando il terrore si era già impadronito della società civile, arrivavano anche in pieno giorno con operazioni sui luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università o nei bar. Quando trovavano dei bambini li portavano via e, se molto piccoli, venivano regalati o venduti a famiglie di militari o poliziotti che non potevano avere figli. … Se non trovavano la vittima in casa al momento dell’irruzione, restavano ad attenderla prendendo come ostaggi i familiari e tutti quelli che entravano nell’abitazione. … Dopo il sequestro entravano in gioco i gruppi addetti al saccheggio che portavano via dalle abitazioni mobili e mercanzie varie che costituivano il bottino di guerra e che veniva diviso tra gli stessi membri della patota o con i diretti superiori."
Le torture in salsa Uruguagia
[dal racconto di Daniel Rey Piuma, all’epoca caporale diciannovenne della marina militare Uruguayana]
Le torture venivano effettuate sia da uomini che da donne. Il mio compito era di prendere le impronte digitali dopo gli interrogatori. I detenuti, uomini e donne, venivano tenuti nudi, incappucciati e legati alla parete da un filo di lana. Periodicamente arrivava un militare e li portava in una stanza speciale. Da quella stanza ho sentito provenire botte, urli, pianti. Ho visto le persone dopo gli interrogatori. Piangevano. Spesso avevano tutte le dita delle mani spezzate”. Alla fine degli interrogatori, ciò che separa la vita dalla morte è una sigla che accompagna ciascun nome. “Df” – disposicion final – significa un colpo alla nuca e la sepoltura in qualche fossa comune, coperti da calce viva."



Fare memoria, oggi, e’ difficile.

Fare memoria, nonostante tutto oggi ha un senso.

Rendere evidente il peso della crudelta’ organizzata da chi al potere con cui si eliminava il debole, il diverso o chi semplicemente dissentiva. Ovunque nel mondo.

Ed e’ necessario.

Forse anche x evitare che i discendenti delle vittime del passato si trasformino in carnefici dei nostri giorni.

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