martedì 29 giugno 2010

La Cina e' viCina

Notizie di qualche giorno fa, prese da media on-line qua' e la': ondata di scioperi, suicidi in fabbrica, richieste di aumento salariale, qualche contromisura richiesta dai 'boss' delle multinazionali occidentali e sostanziali difese dei loro 'subcontractor' cinesi -su tutti il fondatore della Apple, Steve Jobs.

E, pensate le coincidenze, proprio mentre in Italia andava in scena 'l'ignobile ricatto', forse pure un pretesto da parte della Fiat, sullo stabilimento di Pomigliano.

Torniamo alla Cina.
C'e' qualcosa in lento movimento nell'inerziale e despotico sistema di produzione 'made in China'?

Difficile a dirsi. Eppure, come afferma BimboAlieno sul suo blog,
"Ci sono segnali in effetti che il mercato del lavoro cinese sia giunto ad un giro di boa: scioperi e richieste di aumenti di stipendio a doppia cifra stanno iniziando a comparire"
E, citando un paio di esempi di societa' sia private sia pubbliche che hanno attuato aumenti retributivi, prosegue indicando un altro paramentro interessante:
"La disponibilità di lavoratori in Cina è ancora in crescita: la popolazione in età da lavoro oggi è di 977 milioni di persone, le stime per il 2015 sono di 993 milioni. Ma il numero di giovani (tra i 15 e i 24 anni) che entreranno nel mondo del lavoro calerà del 30% nei prossimi 10 anni."
Dunque, come osserva il nostro piccolo alieno, l'invecchiamento della popolazione significa minor disponibilita' di lavoratori ad inseguire il posto di lavoro in giro per il territorio, e quindi senza una politica di adeguamento a rialzo dei salari, l'economia cinese potrebbe risentirne.

Un po' di sana inflazione cinese e quindi maggiori speranze di riportare produzioni in 'area Euro'?
Secondo Paolo Vazzoler, direttore della divisione Mcs-Marlboro Classics, sembrerebbe
«E c’è anche l’aumento dei noli visto che il prezzo dell’aereo dalla Cina e dall’India è salito dell’80%, quello della nave del 20-40%. Dunque è finito il tempo in cui si spedivano i capi d’abbigliamento in paesi diversi per realizzare le varie fasi di lavorazione. Oggi c’è molta più attenzione alla logistica e funziona il cosiddetto “chilometro zero”, al punto che stanno riaprendo laboratori di cucitura in Puglia, che riescono a essere molto più flessibili del passato>>
E cosa aggiungere con la rivalutazione molto graduale e controllata da parte Cinese dello yuan? A parte che lo hanno fatto per proprio esclusivo interesse, sara' che la Cina intende gradualmente cercare di consumare una quota maggiore di ciò che produce ed esportare un po’ meno.
Per il lavoratore europeo la notizia non potrebbe essere migliore. Se il lavoratore cinese non dovrà essere solo spremuto per le sue capacità produttive, ma dovrà anche essere “arricchito” per dargli capacità di consumo, infatti, si avvierà quella chiusura del divario fra le condizioni (contrattuali ed economiche) dei lavoratori occidentali e quelle dei lavoratori cinesi.

Postscriptum:
Non possiamo restare soggetti agli interessi cinesi per 'sperar di far qualcosa' dalle nostre parti.
Un campo di azione per i sindacalisti europei e per chiunque voglia tutelare gli insediamenti produttivi e la forza lavoro in Europa potrebbe esser il seguente:
"Il mercato ragiona globalmente, e noi ci ostiniamo a difendere i piccoli orticelli domestici, con atteggiamenti ottocenteschi. La pensione, gli strordinari, il diritto allo sciopero, la malattia pagata, le ferie… sono tutte importanti e irrinunciabili conquiste. IRRINUNCIABILI. Ma se non vogliamo dovervi rinunciare occorre che queste siano “esportate” alla svelta dove non ci sono: è questo l’unico modo di difenderle e mantenerle."
Personalmente, non credo che chi lavori debba sentirsi escluso dalla difesa dei propri diritti, in fondo elegge i propri (ir)responsabili rappresentanti nelle istituzioni politiche nazionali ed europee.

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